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Fitness Coaching per il benessere

RESILIENZA: l’arte di risalire sulla canoa rovesciata  — 16 luglio 2016

RESILIENZA: l’arte di risalire sulla canoa rovesciata 


Il mio motore motivazionale è la resilienza. E’ una mia potenzialità che nel passato ho tirato fuori sempre nei momenti del bisogno in modo più o meno consapevole. Oggi che considero le mie attività come metalli preziosi, uso la resilienza come metafora di vita. Una disciplina che seguo scrupolosamente allenandola con impegno, fatica e sudore e che propongo come metodo educativo, formativo e motivazionale. Un mio coachee in sessione mi ha detto: “In Italia solo tu e Pietro Trabucchi sapete cos’è la resilienza, per cui usa un termine più accessibile per il tuo master”. Ben detto caro “J AR”, facciamo un po’ di chiarezza. Che cos’è la resilienza, questa mistica capacità di resistere agli ostacoli e come si allena? E’ una disciplina e come tale va allenata a dovere. E’ l’alternativa pratica al vecchio modello bastone e carota che lancio nei miei corsi quando si parla di motivazione e crescita personale.

La resilienza è una caratteristica innata degli esseri umani considerati tali e non “asini” con i quali può funzionare il bastone e la carota. La resilienza è la capacità di assorbire gli urti tipica dei metalli più preziosi; è la capacità di assorbire i contraccolpi della vita, sia in ambito personale che professionale. Bene, se associamo questa disciplina alla nostra capacità di gestire emozioni, reazioni e stress, riusciremo a diventare meno rigidi, più flessibili di fronte agli eventi negativi superando così anche situazioni complicate. Primo mantra da ripetere mentalmente: “MI PIEGO MA NON MI SPEZZO”…

A nessuno serve la lezioncina lo so, per cui come si allena nella pratica la resilienza?

E’ una disciplina e come tale prevede un metodo e soprattutto tanto impegno fatica e sudore. IL METODO CHE UTILIZZO SI SVILUPPA SU 4 PUNTI. Ve ne anticipo due: 

1. GESTIONE DELLO STRESS (SINDROME GENERALE DI ADATTAMENTO).
Controllo soglia dello stress. il nostro organismo e’ fatto per adattarsi, per sentire i vari stimoli che se rimangono costanti la nostra percezione si offusca. sono i contrasti nelle nostre stesse percezioni che ci pemettono di provare le sensazioni più piacevoli . . .
Scrive il prof Nardone: “se una persona desidera raggiungere obiettivi elevati che la facciano sentire realizzata ha bisogno di una buona dose di stress che rappresenta, per intenderci, il vento che sostiene le vele della fatica e lo spinge verso la meta desiderata . . .” (La paura delle decisioni. Salani editore 2014) 


Attività pratica:
ATTIVAZIONE INNERGAME: GIOCO INTERIORE- TRA IL SE CHE GIUDICA E IL SE CHE AGISCE
TECNICHE DI RESPIRAZIONE – MANTRA POSITIVI
TECNICHE DI MENTAL TRAINING PER ALLENARE L’ATTENZIONE E LA CONCENTRAZIONE

2. TRAINING PSICO – FISICI. RICERCA DELL’EQUILIBRIO MENTE-CORPO. PROGRAMMI DI PREPARAZIONE FISICA PERSONALIZZATI E SESSIONI DI COACHING STRATEGICO.
ELABORAZIONE DEL DIARIO DI BORDO.
PIANO D’AZIONE SU OBIETTIVI SPECIFICI
In relazione alle caratteristiche specifiche un obiettivo reale dovrà essere: a.Specifico. Riferito al soggetto
Definito. b.Misurabile e valutabile c.Descritto come basato su capacità che possono essere apprese e non su abilità innate (per vedere il risultato come frutto dell’impegno) d.Sfidante che deve generare coinvolgimento emotivo. L’interesse genera NEUROPLASTICITA’, ovvero nuove connessioni neurali che serviranno all’azione ogni volta si presenterà un’esperienza simile e.Sfidante ma non eccessivamente. Deve essere alla portata del soggetto f.Strutturato in modo graduale. Avvalersi di tanti micro obiettivi specifici. La tecnica dei piccoli passi g.Pianificato in modo tale da essere ristrutturato. Poter ripartire per ritentare di raggiungere l’obiettivo. 

 CONDIZIONE ESSENZIALE PER L’ACQUISIZIONE DELL’OBIETTIVO E’: 1.Ricevere molti feedback 2.Essere Coinvolti emotivamente 3.Essere liberi di sbagliare 4.Evitare elogi e svalutazioni prive di fondamento   

Liberamente tratto dal mio “prontuario sulla motivazione strategica” … 

Daniele 

Respira. Elimina tutto ciò che non serve e rigenera energia… — 1 giugno 2016

Respira. Elimina tutto ciò che non serve e rigenera energia…

Durante i corsi di formazione per istruttori e i seminari sulla motivazione che tengo nelle palestre, in giro per l’Italia, ho il privilegio di confrontarmi con tanti istruttori e numerosi sportivi. La riflessione di oggi è legata alle due due domande più comuni che mi vengono poste, quali: 1.Come si lavora sulla concentrazione e 2.Come si attiva l’energia mentale? Estendo ed articolo la riposta anche su questo mio blog, ovvero: “con una corretta respirazione”.Purtroppo molti atleti professionisti e numerosi sportivi amatoriali non solo trascurano la respirazione ma si allenano in apnea, limitando l’efficacia delle loro performance. Basta guardarsi attorno in palestra durante i workout di massa ma anche in strada tra la gente che corre per verificare la superficialità con la quale viene curata la respirazione. Tu stesso respiri adeguatamente? La corretta respirazione (consapevole) sia essa diaframmatica o toracica (soprattutto quando corriamo) ci permette di ossigenare il sangue e rilassare il corpo e la mente. La respirazione consapevole attiva i focus attentivi, azione propedeutica alla concentrazione. La respirazione diaframmatica viene attivata spontaneamente quando dormiamo ma della quale ce ne dimentichiamo una volta svegli (che sarà mai sto diaframma, uno strumento musicale?). Bene che ne pensi di provare a respirare per come si deve (magari in riva al mare)?   


Una profonda inspirazione (provala poggiando la mano destra sull’addome e la sensazione che lo stesso si gonfi come un palloncino) attraverso gli alveoli polmonari permette di trasformare l’aria in ossigeno che viene distribuito ai tessuti muscolari grazie al lavoro dell’emoglobina (proteina del sangue). Questa ossigenazione è fondamentale anche per far funzionare al meglio il cervello, soprattutto se deve lavorare in massima concentrazione. L’ossigeno rigenera le cellule, metabolizza gli alimenti ed elimina le sostanze di scarto. Queste sostanze di scarto vengono eliminate anche grazie alla corretta espirazione (mano sinistra sul petto e si butta l’aria immaginando di appannare i vetri con una sensazione di svuotamento). Se non si inspira profondamente non si permette di riempire i polmoni per un’adeguata ossigenazione del sangue. Se l’espirazione sarà breve (senza svuotamento) si accumulerà anidride carbonica nel sangue generando sintomi di ansia e di stress… Riappropriamoci dunque dei giusti metodi di respirazione, profonda e consapevole. Attiviamo le tecniche di concentrazione per allenarci al meglio, perché ciò che facciamo in palestra o al campo o durante una sessione per strada (in spiaggia) di runwalkrun ce lo portiamo dentro e fuori durante il resto della nostra giornata. Ricordiamoci di respirare bene perché ciò aiuta a migliorare la qualità della nostra vita quotidiana, i rapporti con gli altri e la visualizzazione dei nostri bisogni da soddisfare, dei nostri progetti da realizzare, dei nostri obiettivi da raggiungere. La respirazione consapevole attiva un maggior livello di energia, un miglior controllo dello stato d’animo, della lucidità mentale e dell’umore. 

Per approfondire le tematiche su respirazione e tecniche di concentrazione contatta il tuo coach! Daniele 

Goal setting. Obiettivi a colazione  — 6 aprile 2016

Goal setting. Obiettivi a colazione 

Nello sport (nella vita no?) Non c’è successo se non c’è un obiettivo specifico, ovvero un qualcosa da raggiungere. hai un sogno nel cassetto? Pensi davvero debba rimanere chiuso lì, sei convinto che debba rimanere solo un sogno, dico ne sei davvero convinto? Ok dai facciamo insieme il primo passo. Pianifichiamo i tuoi obiettivi. Si d’accordo ma cos’è realmente un obiettivo, come si fa a pianificarlo?
L’obiettivo presenta due caratteristiche fondamentali: 1.direzione o contenuto (la scelta di come orientare la propria azione per raggiungere il risultato desiderato) e 2.qualità o intensità (l’energia e il tempo necessarie per raggiungere il risultato).
Un obiettivo per essere tale deve essere SMART: S=specifico.M=misurabile.A=attuabile,realizzabile.R=realistico, alla portata delle tue possibilità T=temporale, deve avere scadenze precise. Stabilire obiettivi SMART costituisce uno stimolo importante per il mantenimento di un livello elevato di motivazione. La teoria del GOAL SETTING (Loke e Latham 1981) nasce come vera e propria tecnica motivazionale in ambito lavorativo all’interno del MBO (Management By Objective – Drucker, 1954). Un metodo di valutazione del personale che si basa su risultati raggiunti a fronte di obiettivi prefissati. Il goal setting in ambito sportivo arricchisce la MBO valutando gli aspetti qualitativi legati soprattutto alla prestazione intesa come viatico essenziale per il raggiungimento dell’obiettivo SMART.
Gli obiettivi specifici determinano l’azione più degli obiettivi generali.
Più è elevato l’obiettivo migliore sarà la prestazione
Gli obiettivi moderatamente difficili miglioreranno la prestazione
Gli obiettivi a breve e medio termine se supportati da obiettivi da sogno a lungo termine migliorano la prestazione
Gli obiettivi agiscono sulla prestazione, automotivano permettono di impegnarsi di più
Gli obiettivi difficili richiedono più impegno e migliorano la prestazione
Il raggiungimento degli obiettivi è determinato dalla presenza di un piano di azione o di una strategia adeguata.

Obiettivi da raggiungere dunque, intensificando gli sforzi, perseverando e monitorando costantemente i progressi compiuti. Definire obiettivi sfidanti, influenza positivamente le performance, a patto che tu abbia ben impresso in mente che l’obiettivo deve essere SMART e deve sempre emergere dal tuo bisogno specifico. Definiamo insieme la strategia da seguire? Un piano d’azione ad ohc che ti permetta di prendere in mano la tua vita, di scoprire tutto ciò che di positivo e di creativo c’è dentro di te… Per essere migliore…  

MENTAL COACHING… CONCENTRAZIONE PURA — 12 marzo 2016

MENTAL COACHING… CONCENTRAZIONE PURA

Nel mental coaching si utilizzano tecniche e strumenti di “mental training” per superare determinati ostacoli che non permettono all’atleta (professionista o amatore) di esprimere tutto il proprio potenziale. Grazie a queste tecniche viene messo nelle condizioni ideali per modificare ciò che non funziona, di svelare a se stesso tutti gli impedimenti che non gli permettono di raggiungere i risultati e gli obiettivi prefissati.
Il mental coaching si pone l’obiettivo di far individuare all’atleta nuove opportunità dentro sé affinché possa:
Migliorare e sviluppare la capacità di attenzione;
Migliorare e sviluppare la capacità di concentrazione;
Gestire lo stress e l’ansia prima e durante la prestazione sportiva;
Controllare e gestire la fatica atletica;
Migliorare la propria autostima;
Aumentare la propria consapevolezza corporea(mediante tecniche di rilassamento e meditazione);
Migliorare la conoscenza di sé attraverso il controllo e la gestione delle proprie emozioni.
I FOCUS ATTENTIVI
La capacità di attenzione determina i risultati, scarsi o eccellenti a seconda della sua intensità. Per il lavoro di mental coaching con l’atleta i focus attentivi sono legati a due tipologie interconnesse di attenzione: selettiva, (specifica) e aperta (legata al contesto di riferimento) che definiremo semplicemente “attenzione”.
L’attenzione è un muscolo cognitivo, una risorsa mentale sottile, sfuggente, invisibile quasi, e per questo generalmente poco considerata. Eppure riveste un’importanza enorme rispetto al modo in cui l’atleta affronta la sua disciplina, lo mette in connessione con il suo contesto di riferimento, plasmando e definendo la sua esperienza sportiva da professionista, agonista dopolavorista o semplice amatore. Il lavoro che l’atleta fa sui focus attentivi come hanno spiegato in questi ultimi anni le neuroscienze, produrrà risultati nella maggior parte delle cose che farà anche a prescindere dal suo ambiente sportivo. Dall’auto consapevolezza, fondamento della gestione del proprio sé, all’empatia, radice della competenza nelle relazioni con gli altri.
  
“Il funzionamento dell’attenzione è in gran parte assimilabile a quello di un muscolo: se la usiamo poco si infiacchisce, mentre se la facciamo lavorare bene acquista vigore” spiega Goleman in “Focus” mostrandoci i benefici che possiamo ricavare dal suo rafforzamento e i modi in cui possiamo raggiungere questo obiettivo. Il risultato non sarà legato a qualcosa che ha a che fare essenzialmente con la “performance” perché lavorando sodo sul muscolo cognitivo dell’attenzione si da libera espressione alla creatività (presente in ogni atleta, altra grande risorsa che rappresenta una sorta di equilibrio tra concentrazione e distrazione. Se l’attenzione è un muscolo mentale che necessita di un allenamento specifico, come allenarlo nella pratica quotidiana? Esistono tecniche specifiche di mental training che hanno tutte un primo punto essenziale, imprescindibile per il risultato finale ma il più delle volte poco considerato: la respirazione . . .
Una corretta e profonda respirazione rappresenta il preludio al massimo livello di attenzione/concentrazione cui può ambire un atleta., lo stato di flow. Lo stato di concentrazione pura in cui tutto fluisce in modo armonico e senza sforzi estenuanti. Lo stato di flow riequilibra persino i bisogni fisiologici.
Il mental coaching permette di far aumentare il livello di concentrazione ricorrendo a quattro strumenti: il self talk, l’autostima, l’autocontrollo e l’impegno e come detto in precedenza grazie alle tecniche di mental training.
Ve ne anticipo una:
TECNICA DELLA VISUALIZZAZIONE – L’atleta deve evocare mentalmente scenari specifici, quali una competizione della sua disciplina sportiva, in cui lui è prima spettatore/osservatore della gara. In questa fase il focus sarà su tutti gli aspetti esterni e circostanti. Nella seconda fase si farà assumere all’atleta il ruolo del protagonista dell’esperienza e gli si chiederà di tirar fuori tutti gli effetti sensoriali di tale visualizzazione. Si metterà l’atleta nelle condizioni di rivivere mentalmente la gara, piuttosto che il gesto atletico o un allenamento specifico. Le neuroscienze hanno dimostrato che la visualizzazione mentale dei movimenti corporei, attiva quella parte del cervello rappresentata dalla corteccia motoria come se l’atleta stesse effettivamente svolgendo quell’azione. La ripetizione mentale di un gesto atletico, inteso come un vero e proprio allenamento sviluppa un sensibile miglioramento di quel gesto incidendo sulla capacità coordinativa legata ai movimenti specifici del corpo.
ESERCITAZIONE PRATICA: l’atleta si accomoda su una poltrona o si sdraia, comunque in una posizione più comoda possibile. Per eliminare tutte le possibili distrazioni l’atleta si deve rilassare seguendo il ritmo del sua stessa respirazione. Rimane concentrato sulla sua respirazione fino a quando non sentirà alleviare tutte le tue tensioni muscolari. Bene, adesso dovrà visualizzare una situazione di gara o un allenamento specifico. Deve osservare chi ha intorno. Si sofferma su un particolare momento della competizione o del workout, mentre sta compiendo un gesto atletico e ripete la stessa visualizzazione fino a quando non ritiene di averla compiuta in modo impeccabile. Deve soffermarsi a visualizzare il gesto nello specifico: la posizione del suo corpo, le sensazioni corporee, la tecnica che utilizza o quella che ritiene sia più idonea. L’atleta deve ripetere questo esercizio di visualizzazione tutte le volte che può, anche pochi istanti prima della gara. Questo gli permetterà di cadenzare la respirazione, rimanere concentrato, abbassare il livello di ansia, generare il rilassamento muscolare e modulare la frequenza cardiaca.
Che tu sia un atleta professionista o un semplice amatore cambia poco se consideri che l’atteggiamento mentale incide per il 60% e che se riesci a utilizzare tutto il tuo potenziale il risultato è garantito. Hai un obiettivo, vuoi essere migliore?
  

DISSEQUESTRO EMOTIVO: la paura come arma vincente — 5 marzo 2016

DISSEQUESTRO EMOTIVO: la paura come arma vincente

La conoscenza della mente antica (irrazionale) e il controllo delle emozioni passa attraverso la gestione della paura. Nello sport, nel business e nella vita di tutti i giorni. La paura, un’emozione che viene prima di tutto e dopo di tutto, viene prima pure del piacere. Paura di prendere una decisione, paura di vincere, paura di perdere, paura di non essere all’altezza, paura di perdere il controllo, paura di esporsi… la paura cosiddetta “normale” – parafrasando il professor Nardone (uno dei più autorevoli psicoterapeuti italiani), il quale, in uno dei suoi seminari cui ho partecipato, la distinse dalla paura “patologica”. Paura che, da appassionato di neuroscienze e da coach lascio volentieri ai blogger terapeuti.
  
La paura “normale” diceva Nardone, quella che nello sport (ma non solo) viene associata alla paura di avere successo, di vincere (definita letteralmente Nikefobia – dal greco nike vittoria e phobos paura). Una caratteristica, una fobia riscontrabile soprattutto in campo agonistico e che coinvolge tanti (troppi) si trovino a competere in tutte quelle situazioni quotidiane reali e competitive, siano esse sportive o lavorative, dove la paura si esprime generalmente attraverso l’ansia. L’ansia di non mostrare le proprie capacità, l’ansia di farsi male, l’ansia del non deludere l’altro, l’ansia di non raggiungere l’obiettivo prefissato. La nikefobia è un fenomeno per cui un atleta nonostante sia dotato di grandi potenzialità, non raggiunge mai livelli elevati di prestazione sportiva a causa di propri comportamenti specifici quali ad esempio: rende di più in allenamento che in gara, salta regolarmente gli appuntamenti sportivi più importanti, fallisce ad un passo dal traguardo. Ma come , viene da chiedersi, se l’obiettivo finale dello sport agonistico è vincere e avere successo, cosa scatta nella testa di quanti si trovino ad un passo dal traguardo e falliscono clamorosamente? Spesso è la convinzione che il successo richieda delle abilità che si ritiene di non possedere. Un atleta considerato forte e talentuoso, non si percepisce tale. Altre volte scatta la paura di non essere all’altezza delle aspettative delle figure di riferimento (compagni, allenatore, familiari) o del pubblico, sicché s’innesca il meccanismo di rinvio dell’attesa vittoria e si tende a procrastinare all’infinito la manifestazione “sul campo” del talento, del proprio valore.
Succede anche che l’atleta tema di conseguire importanti vittorie che lo sottopongano a una nuova e inaccettabile responsabilità come quella di dover mantenere il livello alto delle aspettative altrui. Ci sono casi in cui la nikefobia colpisce l’atleta in seguito ad un suo successo inaspettato e repentino, che lo “tiri fuori ” dal proprio ambiente, dalle proprie abitudini e da tutto ciò che per lui prima era rassicurante, familiare. In questi casi l’atleta attua comportamenti tali da permettergli di tornare alla situazione precedente, rifiutando i benefici della vittoria. Paura normale? Proprio così, nulla di patologico, in questi casi, magari con il supporto del mental coach (self marketing lo so), l’atleta ma anche il lettore non agonista che soffre la competizione in tutti gli ambiti compreso quello sentimentale (una donna va pur sempre conquistata no?), deve ragionare in modo alternativo alla logica razionale. Come? Creando una paura più grande che inibisca la paura di vincere, di avere successo, di approcciarsi con la donna che si desidera. “Il limite della paura – sostiene Nardone- è una paura più grande”. Voglio essere migliore? Bene, devo educare la paura a farmi fare la cosa piú giusta. Ecco che la paura diventa una risorsa, un’arma in più e la paura stessa diventa coraggio. In natura il coraggio non esiste è solo una paura vinta. Sembra facile a parole ma concretamente come si supera questa fobia, questo spreco di talento e risorse.
E’ opportuno concentrarsi sul processo mentale che porta ad autosabotare le proprie performance.
La mia metodica prevede il lavoro sulla fisiologia, ovvero sul modo di acquisire consapevolezza del proprio corpo per guidarlo in campo (inteso anche come metafora di vita). Il lavoro sullo stato d’animo, ovvero sugli atteggiamenti durante la performance, dove bisogna creare tutte le risorse cui attingere nei momenti difficili di una competizione.
Siamo tutti dotati di una risorsa, l’Inner game, il dialogo interiore, che se usato in termini positivi durante le performance rappresenta il focus su cui concentrarsi e diventa davvero una marcia in più.
Ti é mai capitato di arrivare a un passo dal traguardo è di rimanere bloccato per un semplice errore, un’apparente disattenzione? 
No non sei un eterno secondo. Vuoi correre ai ripari? Il segreto del successo é lì, dentro te. Allenamento, sudore e metodo…
Info 3206464884

ATTEGGIAMENTO MENTALE: tra il servitore impertinente e il dono dimenticato  — 25 febbraio 2016

ATTEGGIAMENTO MENTALE: tra il servitore impertinente e il dono dimenticato 

L’atteggiamento mentale nello sport cosi come nella vita quotidiana può essere una grande risorsa o un grande problema. Ricercatori ed esperti sostengono che utilizziamo in media il 40% delle nostre potenzialità. Facile chiedersi ma il restante 60% rimane nell’oblio dei nostri serbatoi più intimi? La risposta implica una riflessione. Di certo é che può anche essere considerata energia vitale dove è possibile attingere, in momenti come questo, per dare una svolta. Come? Svelando a sé stessi la propria unicità. Pensaci un attimo, poniti questa domanda: “voglio essere migliore?”. Bene. Cominciamo con il conoscerci davvero a fondo.
Primo passo: conoscere la nostra mente o meglio le nostre due menti. L’evoluzione delle neuroscienze fornisce un contributo essenziale per semplificare questo concetto. Noi abbiamo due parti essenziali del nostro cervello che gli studiosi amano definire mente antica e mente moderna. La mente antica, intuitiva, gestita dall’amigdala (vera e propria sentinella emotiva) attraverso la quale fluiscono tutte le emozioni universalmente riconosciute come: LA PAURA.- LA TRISTEZZA. -LA RABBIA.-IL DISGUSTO.- LA GIOIA.- LA SORPRESA. La mente moderna, razionale, che assembla facoltà come ragione, intelligenza e comprensione. Le due menti, sia ben chiaro, sono interconnesse, ma è doveroso ricordare che la mente moderna si è evoluta dalla mente antica proprio perché la paura e l’istinto per la sopravvivenza hanno permesso l’evoluzione della nostra specie. 

  
Fin qui abbastanza chiaro? Dobbiamo ringraziare la nostra sentinella emotiva se in situazioni di pericolo estremo riusciamo a salvare la pelle. Purtroppo il piu delle volte non ce ne rendiamo nemmeno conto. L’amidgala ha permesso di preservare la specie e di definirci oggi “uomini civili”. Bene. Solo che questa evoluzione, questa nostra civiltà occidentale ha generato un paradosso, disorientandoci. Conosciamo benissimo le facoltà della mente moderna, siamo razionali ma non sappiamo gestire al meglio le emozioni. Perché? Perché non attiviamo la mente antica, non sappiamo nemmeno che é parte di noi che é interconnessa alla nostra parte cerebrale razionale(mente moderna). Nel quotidiano delle nostre relazioni, del nostro vivere in mezzo alla gente o nei nostri affari professionali e non, capita troppo spesso di non essere concentrati, i nostri pensieri sembra vaghino nel vuoto (come quando scorriamo la bacheca di Facebook senza sapere cosa stiamo cercando). In momenti come questi il rischio é che la mente vada in default. Ci si ritrova in balia di emozioni che si fa fatica a riconoscere, subentrano inibizioni, incapacità ad agire e qualche volta (spesso?) vere e proprie azioni deleterie. Ma come, ti starai chiedendo, Mente antica e mente moderna pur essendo dalla stessa parte mi disorientano? Si ma solo finché non le fai remare nella stessa direzione, la tua. Einstein ci svela questo paradosso con una frase ad effetto che ci può tornare utile: “la mente antica (intuitiva) è un dono, la mente razionale è un servitore fedele. Noi abbiamo creato una società che onora il servitore e ha dimenticato il dono”. Hai letto con attenzione (Casomai ritorna su e rileggi)? Bene. Rifatti la stessa domanda di cui sopra: voglio essere migliore? Iniziamo da qui, dalle Tue stesse emozioni. Prova a rigenerare gioia e a sorprenderti di te stesso, delle tue capacità, dei tuoi tratti caratteriali più forti. Impara a conoscerli, a conoscerti davvero. Impara a riconoscere e gestire le emozioni, soprattutto quelle negative. Trasforma rabbia, tristezza e disgusto in energia positiva. Facile a parole ma concretamente come si fa? Con un rinnovato atteggiamento mentale. 

  
Un viaggio dentro di te. Tranquillo é una bellissima avventura da vivere tutta d’un fiato o quasi. Step dopo step. Si parte dall’acquisire piena consapevolezza delle tue potenzialità. Ci proviamo insieme?
Fermati. Prova a fare lunghe respirazioni. Inspira con la bocca chiusa allargando lateralmente il torace e butta l’aria come se dovessi appannare i vetri. Deve essere una sensazione di svuotamento profondissimo. Ripetilo per un po’. Fatto? Bene. Adesso scarica gratuitamente dal link sottostante il test su virtù e potenzialità. Fallo, prova a darti le giuste valutazioni e non esitare a contattarmi.
Test potenzialità e virtù

MOTIVAZIONE? CONSAPEVOLEZZA DI SÉ  — 9 dicembre 2015

MOTIVAZIONE? CONSAPEVOLEZZA DI SÉ 

 
Durante la presentazione dei miei corsi sulla motivazione sportiva o nei vari seminari di sport coaching e mental training, ma anche in una semplice chiacchierata in palestra o al bar, mi sento etichettare con questa frase: “ah allora sei un motivatore!”. Sorrido e taglio corto: “in un certo senso si” replico e penso: avrò modo di essere più esaustivo durante i vari incontri (seminari corsi ecc), di spiegare bene il mio ruolo e chiarire il senso di questa parola magica, “motivazione”. Ma con la gente che incontro al bar o in palestra? Leggeranno il mio blog. Tu lo stai facendo no? Ironia a parte (ma ti ha fatto ridere?), nessuno può essere motivatore se non lo é di se stesso, soprattutto se parliamo di partecipazione alla pratica sportiva. 

La motivazione é una scelta e nasce dal sé più intimo, interessa un bisogno da soddisfare, un obiettivo da raggiungere, un sogno da realizzare. Basta solo attivarsi. 

Come? Con la consapevolezza di quel bisogno da soddisfare, di quell’obiettivo da raggiungere, di quel sogno da realizzare. 

Sei un agonista, fai sport e ti alleni per eccellere? La tua energia é la stessa spinta che ti motiva durante gli allenamenti. Vuoi esprimere al massimo il tuo potenziale, vuoi avere successo? Devi essere consapevole delle tue potenzialità, del modo in cui sfruttarle al massimo. 

Sei in sovrappeso? Decidi di intraprendere un’attività fisica per dimagrire perché vuoi stare meglio. Vuoi stare bene? Devi essere consapevole della tua stessa scelta e non devi mollare mai. 

Se sei consapevole delle tue scelte per le quali sei disposto a metterti in gioco, a scoprire chi sei davvero, a riconoscere le emozioni, a ragionare sulle tue potenzialità e a puntarci forte, allora stai seguendo il sentiero più adatto a te, il tuo percorso. Essere in contatto con sé stessi con il proprio sé ideale(lo stiamo costruendo), libera energia , entusiasmo, passione per la vita. La consapevolezza va guadagnata e difesa a denti stretti, passo dopo passo. 

Si d’accordo, parlo spesso di consapevolezza, di essere consapevoli, auto consapevoli e bla bla… Ma in realtà che significa consapevolezza di sé? 

  
Significa possedere una profonda comprensione delle proprie emozioni. Abbiamo una parte primitiva, istintiva, del nostro cervello, meglio conosciuta come “amigdala” o sentinella emotiva, una struttura che regola e scatena emozioni potenti e ci mette in guardia soprattutto quando entra in gioco la paura, rischiando, se non la sappiamo gestire, di scivolare verso l’ansia e di bloccare le nostre motivazioni. 

Per evitare ciò basta attivare la parte razionale del nostro cervello (sistema neurale interconnesso all’amigdala e da cui si é evoluto) e rimanere dentro l’ obiettivo, appunto, consapevolezza di sé. Quotidianamente, in funzione della scelta che ho fatto, riconosco le mie emozioni e nel modo di percepirle rigenero energia da mettere in campo durante gli allenamenti. 

Giornata no al lavoro, il capo mi ha fatto incazzare e adesso mi porto in palestra (sempre che abbia voglia di andarci) la rabbia e la frustrazione per un lavoro che mi fanno odiare? 

Bene, queste emozioni possono essere risorse importanti. Primo passo, respiri profondi e diaframmatici, chi ha fatto pilates è avvantaggiato, gli altri possono iniziare tranquillamente, basta pensare che durante la notte respiriamo con il diaframma. 

Rileggiamo i nostri obiettivi, se non li abbiamo scritti, facciamolo adesso. 

Procuriamoci un diario. Continuiamo a respirare e cominciamo la sessione di allenamento. Sono dentro l’obiettivo, ce la farò, me lo ripeto spesso… Respiro correttamente per recuperare le forze e mi riscopro carico e soddisfatto. 

Che strano, mi sono allenato proprio bene oggi, nonostante la giornata storta al lavoro, mi sono fatto il mazzo in palestra e tra una serie a l’altra ho pure riso tanto con il mio personal. Strano? 

Normalissimo, questa tua motivazione ha stimolato la “dopamina” il neuro trasmettitore che regola l’umore e il piacere. Il capo é uno stronzo, d’accordo, ma anche grazie a lui oggi ti sei allenato così bene e non solo per merito del tuo personal, parola di coach… 

FELICITÀ: SOLO UN CONCETTO O UN OBIETTIVO?  — 28 novembre 2015

FELICITÀ: SOLO UN CONCETTO O UN OBIETTIVO? 

  Felicità… felicità … Parafrasando Luca lo stesso: “lo sai questa parola che effetto che mi fa, detta piano, detta forte, detta ad un’altra velocità”. Si lo so, Luca parla d’amore, io di felicità. Leggo e rileggo alcune note sul mio i pad relative agli appunti su questa parola che amo citare spesso e di cui voglio scrivere per decodificare troppi luoghi comuni. Ci provo. Certe frasi e riflessioni sulla felicità hanno alimentato in me una personalissima contraddizione su due punti di vista, il primo secondo il quale la felicità é solo un concetto, il secondo che invece la ritiene un obiettivo. La contraddizione di cui sopra, trae origine dal pensiero di due autori: -José Saramago, a me caro soprattutto perché tradotto in Italia dal “mio” Antonio Tabucchi, e -Martin Seligman, padre della psicologia positiva, oggetto dei miei più recenti studi.

Una frase di Josè Saramago,estrapolata da un’intervista che il premio nobel 2010 rilasciò nel 2011, sintetizza il primo punto di vista secondo cui, appunto, la felicità è un pensiero, un’idea. “Sarebbe come credere -dice- che ciò che chiamiamo felicità sia uno stato di gioia permanente, cosa che non esiste e non è mai esistita: se la gioia non è permanente ci saranno sicuramente momenti di tristezza per qualcosa che si è perduto, per qualcosa che manca, per un’assenza: tutto questo può portare ad un sentimento di tristezza.Mi lascia indifferente il concetto di felicità, ritengo più importanti la serenità e l’armonia. Il concetto di felicità presuppone che uno sia contentissimo, che se ne vada in giro ridendo, abbracciando tutti, dicendo sono felice, che meraviglia. E’ chiaro che anche un mal di denti gli toglierà la gioia e quindi la felicità. Penso che la serenità sia una cosa diversa. La serenità ha molto dell’accettazione, ma include anche un certo autoriconoscimento dei propri limiti. Vivere in armonia non significa non avere conflitti, ma poter convivere con gli stessi serenamente. Non voglio elevarmi ad esempio, ma io ora vivo in armonia con l’ambiente”.

Un punto di vista a parer mio, fin troppo condizionato da un contesto storico, fatto di violenze e soprusi (nel caso di Saramago) che ha lasciato il segno e dall’ ambiente sociale (dei suoi lettori e seguaci) alimentato da relazioni insoddisfacenti, umori sin troppo cangianti ed emozioni soffocate sul nascere perché non se ne conosce natura ed utilità. La felicità, per chi la ritiene solo un concetto, sembra essere solo un copia e incolla dell’armonia, unica vera conquista permanente dell’essere, dell’esserci.
  

Secondo punto di vista: la felicità è un obiettivo. La felicità non è solo un concetto che una volta acquisito presuppone che uno se ne vada in giro sempre sorridente.
Gioia, tristezza e rabbia sono emozioni da riconscere sul nascere e da vivere fino in fondo, senza esclusione di colpi. Chi ritiene che la felicità sia un obiettivo da raggiungere, é disposto anche a una più completa ristrutturazione di sé, della sua sfera emotiva e di quella razionale. Anche le emozioni più negative come la rabbia se canalizzate in un percorso intimo di crescita possono rappresentare un’arma in più per avere più grinta e consapavelezza, indispensabili per seguire il percorso che si é sempre desiderato. Una strada più adatta e coerente al nostro modo di essere, di voler essere. Il professore Seligman scrive: “la felicità è un obiettivo alla portata di tutti, purché si apprendano e si mettano in pratica i comportamenti corretti verso gli altri e innanzitutto verso se stessi”. Lo scrive in “Flourishing”, saggio sull’essere umano in perenne fioritura. Un testo che continuo a leggere e rileggere e che mi ha aiutato ad acquisire il valore di questo obiettivo, realistico, raggiungibile.
Secondo il professore Seligman si può seguire questo percorso anche attraverso semplici esercizi e test divertenti, sperimentati con successo negli ambiti più diversi, da quello militare a quello commerciale, da quello medico a quello scolastico.

Qualche esempio? Abituiamoci a scrivere su un foglio bianco gli eventi positivi che viviamo durante le nostre giornate, scriviamo lettere di gratitudine a chi ci ha fatto del bene e che non abbiamo mai ringraziato a dovere e ripensiamo a tutto il bene che queste persone ci hanno fatto. Non basta? Proviamo a fare test specifici per scoprire attitudini e potenzialità (invito i più audaci a contattarmi), a volte basta solo acquisire consapevolezza dei propri punti di forza per risvegliare desideri latenti di benessere psico fisico. Seligman sostiene che attraverso un orientamento psicologico, ovvero “l’ottimismo acquisito“, chiunque può ritrovare il meglio di sé, dal punto di vista emotivo, riesaminando le predisposizioni negative, assaporando le esperienze positive e facendo leva sul desiderio naturale di migliorare. Pensare in modo costruttivo, smetterla di pensare a quello che potresti o vorresti fare, fallo, adesso. Perché aspettare ritornando sempre sui pensieri negativi, su ciò che potrebbe accadere? Sii fiducioso, sarai sicuramente in grado di controllare gli eventi e comunque, anche in caso di avversità, troverai delle alternative, delle altre strade per raggiungere il tuo obiettivo. Di certo, meglio dire c’ho provato ma non ci sono riuscito piuttosto che avrei potuto farlo ma…Tutti noi facciamo degli errori, l’importante è saper imparare da questi e andare avanti, senza caricarli di pensieri esasperanti, negativi. I veri ottimisti certi errori li commettono come tutti gli altri, la differenza sta nel fatto che, dopo averli superati, guardano oltre. E’ anche possibile che ci si ostini a sbagliare sempre nello stesso “campo”, sentimentale o professionale, non per questo bisogna considerarsi dei falliti. Ammettere a sé stessi che in quella specifica attività si hanno delle difficoltà, tanto é certo che in altri campi si é tra i migliori, dunque, perché aspettare? Inizia a segnarti obiettivi concreti e fai di tutto per raggiungerli. Con la consapevolezza di potercela fare, coltivando quotidianamente atteggiamenti positivi, propositivi. E’ solo un punto di vista? No, é un obiettivo primario di questo mio nuovo piano d’azione.

NELLA PALESTRA DELLA MENTE — 18 settembre 2015

NELLA PALESTRA DELLA MENTE

La mia ricerca sulla motivazione procede a rilento, dovrei aggiornare il blog, un pezzo sull’allenamento specifico per la mente. Ci giro attorno da un po’ di tempo, ma la penna non parte da sola come solita fare. Sto procrastinando, sono in cerca di ispirazione, il mio bozzolo creativo si è smarrito tra le varie metodiche di allenamento che sto sperimentando con il mio fratellone? Che domande, certo che si. Il dubbio genera certezza solo se lo si lascia libero di tirare fuori svariati punti di vista. Ma rimaniamo a noi, alla nostra pratica per lo sviluppo delle abilità cerebrali.
L’attenzione è un muscolo mentale che necessita di un allenamento specifico per essere rafforzato, dobbiamo creare una sorta di ipertrofia mentale per riuscire ad essere sempre più concentrati.
Come tradurre nella pratica dell’esercizio mentale l’equivalente del sollevamento pesi? Possibile prevedere una serie di tot serie e ripetute per allenare l’attivazione, la concentrazione? In realtà non è poi così difficile, basta solo notare quando la nostra mente si distrae e riportarla all’oggetto della nostra concentrazione. Dobbiamo attivare la respirazione diaframmatica, esercitandoci respirando profondamente. Nel fitness coaching, tanto per rimanere in tema, l’oggetto della nostra concentrazione è lo stesso lavoro in serie e ripetute che stiamo seguendo per rafforzare i pettorali, per citare un gruppo muscolare. La concentrazione ci aiuta a mettere la testa tra una ripetuta e l’altra a rimanere concentrati per tutta la durata dell’allenamento, perché noi vogliamo ottenere il massimo da noi stessi, perché miriamo all’eccellenza.
  

Durante le performance, nelle sessioni one to one, essere concentrati, determinati e motivati non preclude il fatto che non si possa lavorare in allegria che, non ci si possa allenare sorridendo, divertendoci. Allenandosi sorridendo non è perdita di tempo, anzi stimola le endorfine e contribuisce ad alimentare il nostro capitale emotivo. Un capitale che ce lo ritroviamo a fine sessione, dopo la doccia, nella cosiddetta vita di tutti i giorni. Li non dobbiamo smarrirci, non dobbiamo disperdere energie. Come?
Dobbiamo concentrarci sugli aspetti positivi che viviamo durante la giornata e ci dobbiamo ritornare a più riprese, magari prendendo appunti. La positività ce la dobbiamo generare sulla nostra pelle eliminando tutto ciò che non ci appartiene che non possiamo gestire che non ci fa stare bene. Non sprechiamo inutili energie in macchina contro quel tale che non ci da la precedenza o quella signora ferma al semaforo verde con la sigaretta in bocca intenta a messaggiare. Ci allontaniamo da noi stessi e non ci serve. Respirazioni profonde anche in macchina, in ufficio o a scuola. Restiamo con la testa sugli obiettivi che dobbiamo raggiungere perché domani noi abbiamo un sogno da realizzare. Riprendiamoci ciò che ci appartiene, noi stessi.

APPRENDIMENTO SOCIALE ED EMOTIVO: sognando Singapore  — 18 agosto 2015

APPRENDIMENTO SOCIALE ED EMOTIVO: sognando Singapore 

Singapore, Repubblica di Singapore, è una città-Stato del sud-est asiatico, situata sull’estrema punta meridionale della penisola malese, 152 km a nord dell’equatore. Oggi, leggendo un articolo sulla pioggia di miliardi di euro destinati dall’Europa alla Sviluppo della Sicilia (settennio 2014 – 2020) mi è tornata in mente la storia di questa città stato ed ho sognato ad occhi aperti. Singapore è il primo paese al mondo a richiedere a tutti i propri studenti di partecipare a un programma SEL (acronimo di social and emotional learning, ovvero: apprendimento sociale ed emotivo). Questa piccola città stato è uno dei più rilevanti caso di successo economico degli ultimi 50 anni, con un governo di stampo paternalistico che ha trasformato una minuscola nazione in una potenza economica. Singapore non dispone di risorse naturali, non ha un grande esercito, e non vanta alcuna particolare influenza politica. Il suo segreto sta nel suo popolo, una risorsa umana che il governo ha intenzionalmente coltivato come il motore dell’economia nazionale. Le scuole sono incubatrici della sua straordinaria forza lavoro. Gli studenti partecipano a dei corsi basati sul l’intelligenza emotiva, in cui vengono fornite loro competenze su auto consapevolezza, gestione del sé, empatia e abilità sociali, organizzati in sinergia con i normali corsi scolastici. Il motivo è chiaro: insegnando queste competenze ai ragazzi sarebbe possibile far crescere il PIL di qualche punto di un’intera nazione(studi di economisti coinvolti nella ricerca di Dunedin), con ulteriori benefici sul piano della salute pubblica e della riduzione del tasso di criminalità. Consapevolezza, gestione del sé empatia e abilità sociali sono competenze che devono possedere i veri leader e che il governo di Singapore per trasformare il popolo in motore dell’economia impartisce a ciascun studente affinché sia leader di se stesso inserito in un contesto sociale che ama e che gli riconosce le sue qualità, abilità, emozioni… Un contesto che cresce in relazione alla crescita culturale di ciascun individuo, ciascun studente. Che meraviglia! È utopistico, forse da pazzi immaginare la sicilia come Singapore, eppure son in arrivo anche i finanziamenti europei, eppure proprio l’obiettivo finale di EUROPA 2020 è il CAPITALE UMANO, ripeto: CAPITALE UMANO. In incerto senso anche i super esperti della commissione europea hanno preso spunto da Singapore, loro sanno che lo sviluppo di un contesto passa attraverso la “formazione” del popolo, di ciascun individuo… Che sia il settennio della svolta? Ci auguriamo davvero di si. Leggeremo di Bandi strutturati per la realizzazione di progetti finalizzati allo sviluppo di precise competenze emotive e sociali, per il benessere dei cittadini,per la loro evoluzione culturale. La Sicilia come Singapore proporrà ai suoi studenti programmi specifici per l’APPRENDIMENTO SOCIALE ED EMOTIVO. Legittimo chiedersi: sapranno i nostri amministratori recepire i vari canali di finanziamento e trasformarli in bandi adeguati? Ripeteranno l’errore del settennio precedente( la sicilia 2017 -2014 spende poco più del 10% delle somme previste)? Speriamo di no.